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La vulvodinia: un'intima sofferenza

L’esperienza della sessualità nella vita delle persone è una motivazione alla relazione che viene ripetuta nel tempo, in quanto è vissuta come un’esperienza di piacere.

Nei casi in cui la sessualità sia associata a percezioni di dolore, o alla paura di sentire disagio, l’esperienza sessuale perde il suo scopo primario e tende a essere evitata e/o respinta.

Il dolore cronico della zona vulvare, senza una causa anatomica o patologia evidente, è una di queste situazioni di disagio. Lo stato infiammatorio del vestibolo vulvare tende a cronicizzarsi, se non viene diagnosticato in tempo e se non viene sottoposta a un trattamento multidisciplinare sul piano medico, riabilitativo e psicosessuale. Quando il dolore vulvare si cronicizza, mantenendosi  anche dopo la risoluzione del quadro infiammatorio, si parla della malattia della vulvodinia e di dolore neuropatico. La vulvodinia può persistere indipendentemente dal rapporto sessuale, o da altri fattori scatenanti, e può diventare invalidante nella vita quotidiana.

Le donne che soffrono di vulvodinia NON vivono serenamente la loro dimensione sessuale, spesso non si sentono capite nella loro sofferenza personale e relazionale-affettiva. La sensazione di incomprensione e, talvolta, la rinuncia a chiedere aiuto possono essere dovute al fatto che l’eziologia di questo disturbo non è ancora stata resa nota e identificata precisamente. Le donne, che si rivolgono a professionisti NON esperti in questo ambito, spesso incrementano vissuti di disagio e imbarazzo, alimentando atteggiamenti di isolamento, chiusura e la credenza di non poter trovare soluzione alla loro difficoltà.

La psicoterapeuta cognitivo comportamentale esperto in sessuologia aiuta le donne a:

  • essere consapevoli del loro funzionamento e della loro fisiologia genitale;

  • Individuare i pensieri negativi e i comportamenti che possono peggiorare il dolore;

  • insegnare tecniche di rilassamento e di gestione dello stress per aiutare a ridurre il dolore genito pelvico;

  • identificare fattori psicologici e relazionali responsabili dell’insorgere e del mantenimento di questa difficoltà;

  • migliorare la comunicazione e la relazione di coppia.

I vissuti legati a esperienze di dolore prolungato, l’evitamento della sessualità, i risvolti ansioso-depressivi e di stress legati alla vulvodinia, è bene vengano affrontati dallo psicoterapeuta che analizza e affronta le credenze, le emozioni e gli atteggiamenti che mantengono la persistenza di questa difficoltà. La psicoterapia interviene anche sulla presenza fattori di funzionamento personologici e/o relazionali, che ostacolano i processi di cambiamento, così come la gestione e/o la risoluzione del problema. Talvolta, all’origine di questa malattia, potrebbe esserci un’esperienza traumatica a cui la donna fa fatica ad accedere, o non ha ancora elaborato. Un terapeuta esperto può aiutarla a elaborare ciò che la blocca, la paralizza e la limita nel suo benessere personale e di coppia.

In terapia, in maniera rispettosa e graduale, viene proposta come “compito a casa” l’esplorazione e il contatto amorevole con i propri genitali, per conoscerne le sensazioni, il funzionamento e quali sono le condizioni che fanno sentire la donna al sicuro e rilassata.

La vulvodinia è un problema di salute multisfacettato, è quindi fondamentale l’interazione tra diversi professionisti della salute, esperti dalla diagnosi al trattamento di questa malattia. È sempre importante lavorare in sinergia e nel rispetto delle diverse competenze professionali. In modo che le pazienti si sentano comprese, rispettate e prese in carico, con rispetto e comprensione, a 360 gradi. La psicoterapeuta aiuta, inoltre, ad aumentare la compliance al trattamento proposto anche da altri professionisti della salute (neurologi, fisioterapisti, ginecologi…), così come implementa la motivazione al trattamento.

Ciò che mi sento di consigliare alle donne che soffrono di questo disturbo è:

  • Riconoscere la presenza del problema.

  • Rivolgersi a operatori esperti nel trattamento di questa difficoltà.

  • Seguire le indicazioni terapeutiche nella prospettiva del raggiungimento di un cambiamento.

Da un punto di vista psicosessuologico, invece, ritengo sia importante stimolare le donne a non perdere la speranza di raggiungere un miglior stato di benessere nella loro vita. La nostra salute influenza la qualità della nostra vita, ma la dimensione che la fa peggiorare drasticamente è l’atteggiamento con cui viviamo le nostre difficoltà. La vulvodinia è una malattia che può essere gestita e dalla quale possiamo uscire. Essere riconosciute nella nostra sofferenza è un primo passaggio importante. Avere un’efficace comunicazione ed espressione dei nostri bisogni aiuta ad affrontare le difficoltà sia a livello individuale, sia a livello relazionale.

Ricordo, infine, che avere un problema fisiologico nella sfera intima non implica necessariamente rinunciare all’appagamento della nostra vita sessuale e/o a esperienze di piacere nella nostra vita.


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